Ci sono segreti che vanno mantenuti il più a lungo possibile per motivi che a noi poveri mortali non ci è dato sapere e capire. Come nel caso di un U-boat catturato con tutto l’equipaggio nell’aprile del 1918 in acque scozzesi. In pratica si arrese. Il comandate nell’interrogatorio dichiarò di non essersi potuto più difendere perché il suo battello era stato messo fuori uso da un mostro marino. Incredibile, ma ancora più incredibile a questo caso militare fu messo il segreto militare per 50 anni dal Governo inglese? E subito dopo dai suoi alleati americani. La presenza di mostro simile a Nessie, quello famoso di Lockness, avrebbe generato terrore nei marinai della Reale Flotta? Oppure, il mostro era una nuova arma da guerra? Nulla di tutto questo ma la realtà salta fuori quasi un secolo dopo.

L’Inghilterra dichiara guerra alla Germania il 4 agosto 1914 alle 23 iniziando un conflitto che in breve diverrà mondiale: tutti contro tutti ognuno con le proprie ragioni. Compreso il nostro Paese. All’epoca la Germania non poteva competere sul mare contro la potente flotta britannica ma può bloccare gli aiuti diretti all’isola solo con la sua arma più letale: il sommergibile. Nel 1915 i mezzi subacquei tedeschi iniziano una sorta di blocco a nord dell’imbocco del Canale della Manica mandando a fondo indiscriminatamente qualunque navi passeggeri o cargo proveniente dall’Atlantico e diretti ai porti britannici.

Tra gli altri a farne le spese il Lusitania, transatlantico proveniente da New York, colpito da un siluro il 7 maggio 1915. Una tragedia immane, perirono centinaia di civili, non si seppe mai se a bordo vi erano davvero armi e munizioni, malgrado anche le recentissime spedizioni che hanno tentato di risolvere il mistero. Gli attacchi si susseguono, i tedeschi sembrano stuzzicare il presidente americano Wilson che vorrebbe stare fuori dalla guerra. Il 1° febbraio 1917 la Germania annuncia che mette in atto una guerra marina senza restrizioni. Quella che viene chiamata pirateria di guerra in cui gli U-boat tedeschi affondano senza distinzione navi mercantili e passeggeri anche con bandiera neutrale. Le relazioni diplomatiche tra i due Paesi si interrompono un paio di giorni dopo e gli Stati Uniti entreranno in guerra il 6 aprile 1917.

La guerra sottomarina continua con sempre maggior accanimento, i tedeschi sanno che la sopravvivenza dei britannici dipende dagli aiuti che arrivano da oltre Atlantico. Gli U-boat si infilano quasi indisturbati nel largo canale tra Irlanda e coste scozzesi fino oltre l’Isola di Man. Nell’anno in cui gli americani dichiarano guerra hanno già stabilito una base a Inverness, Scozia, dove in una vecchia distilleria hanno messo in piedi una produzione di mine utile per formare una barriera che protegga tutta la parte settentrionale delle isole britanniche, Orkney e Shetland comprese, per proseguire fino alla Norvegia e rendere innavigabile tutto il Mar del Nord.
Che i tedeschi lo sapessero di già? Non è dato sapere. In ogni caso gli U-boat si spingevano con grandi rischi fino nel Mar d’Irlanda superando l’altezza di Belfast per raggiungere le intricate coste della Scozia.

In base ai record navali britannici risulta che in tutta quell’area sono andati perduti 12 sommergibili tra inglesi e tedeschi. Due di questi ultimi mancavano però all’appello, introvabili, malgrado le informazioni in possesso dei comandi marittimi britannici.
Si trattava dell’UB-82 e dell’UB-85. Del primo si sapeva che fosse andato perduto il 17 aprile 1918 con l’intero equipaggio (37) a causa di un attacco con bombe di profondità di due motovedette costiere a sud di Rathling Island tra Irlanda e Scozia.
Dell’UB-85, si conosceva che fosse stato attaccato mentre in superficie dal pattugliatore HMS Coreopsis, catturato con l’intero equipaggio e quindi affondato. Il 30 aprile 1918.
Poi il massimo segreto sull’operazione.
Dai record ufficiali della Marina di Sua Maestà si ha un resoconto dell’interrogatorio in cui il comandante dichiara che il battello è fuori uso, quindi costretto alla resa. Non è citato l’attacco da parte di un mostro marino. Quel modello di U-boat non aveva nulla di particolare, le caratteristiche erano conosciute agli inglesi, il suo comandate era uno dei tanti, non possedeva un ruolino particolare. Eppure viene posto il segreto militare per 50 anni.

L’UB-85 si arrende
30 aprile 1918. Non è ancora l’alba. Il cacciatore tedesco emerge, con la sigla UB-85 dipinta su un fianco, dalle acque di uno stretto di sole 12 miglia che collega Mar d’Irlanda e oceano Atlantico. Ha vagato per due settimane senza affondare nulla. Il Kapitan Leutnant Krech è in torre di comando con alcuni ufficiali. Binocolo sugli occhi scruta il mare. Improvvisamente una forte scossa sul lato di dritta, poi un pesante tonfo. Krech, e ufficiali, vedono un enorme mostro marino emergere dall’acqua e afferrare il sommergibile. Il comandante avrebbe dichiarato più tardi che la bestia possedeva una strana testa bislunga e i denti scintillavano nella luce della luna calante. Tutti cominciarono a sparare ma l’animale si teneva al cannone che rifiutava di lasciare andare. Il peso della bestia era tale che il sottomarino era piegato e imbarcava acqua dal portello della torretta ancora aperto. A furia di sparare pistolettate il mostro mollò il cannone e sparì. Ma il sommergibile era così danneggiato che non poteva più immergersi. Rimase a galleggiare quando fu avvistato dal pattugliatore che videro l’UB-85 con l’intero l’equipaggio a riva. Il comandante che interroga Krech accetta la versione dell’accaduto che si sente raccontare. Preferisce affondare l’U-boat e rientrare di corsa con i prigionieri perché loro sono otto contro oltre 30. Non è stata fatta una foto, rimane solo la testimonianza del comandate tedesco.

La leggenda riprende vita
La storia dell’UB-85 è divenuta ben presto parte delle leggende di guerra del tutto simile ai tesori nascosti o ai tunnel zeppi di oro. Attorno al 2005 ha ripreso vita, è tornata in circolazione in rete, discussa e dibattuta sempre più tra chi difende la presenza del mostro e chi prende pesantemente in giro. Ma come afferma un archeologo navale inglese non vi è uno straccio di prova a carico. Lo stesso specialista ha stimato che vi fosse una possibilità di danno in coperta dovuta al cannone da 105 montato sui sommergibili che operavano in quell’area fino all’aprile 1918. Era troppo pesante, e potente, tanto che fu sostituito con il famoso 88 mm. Ma anche questo un presupposto molto labile perché come si legge poi negli archivi navali tedeschi le date sul cambio dell’arma non corrispondo mai.

Cent’anni dopo
La Scottish Power, società elettrica scozzese, sta eseguendo la posa di una cavo elettrico seguendo un ben preciso percorso nel collo di bottiglia tra Irlanda e Scozia quando il ROV si imbatte in una carcassa navale ad un centinaio di metri di profondità. Il cavo elettrico deve passare proprio da lì. A questo punto si deve indagare prima di rimuovere la ferraglia. Con grande sorpresa le scansioni tridimensionali dimostrano essere un sommergibile: ma quale?
Il ritrovamento intriga un giornalista specializzato che collabora a mettere in poiedi una nuova serie tv dedicata agli eventi marini della prima guerra mondiale che hanno a che fare con fantasmi, ufo, kraken, leviatani. ecc.
La prima cosa che nota è la mancanza di documenti comprovanti la testimonianza del comandante tedesco, a seguire il fatto che sia deceduto prima dell’armistizio con la conseguenza che chiunque avrebbe potuto mettergli in bocca parole diverse. Come in effetti è stato fatto. Dove si poteva trovare la verità?
Il nostro uomo dopo aver sondato archivi tedeschi e inglesi, sapendo che il segreto era stato imposto dagli alleati, si avvale della collaborazione di un ex detective della polizia di San Josè, California, divenuto un apprezzato storico navale. Dwight R. Messimer aveva già eseguito una ricerca di tutto rispetto nel 2002 dove elencava le perdite tedesche mancanti (non trovate) nella Prima Guerra Mondiale.
Messimer sa dove mettere le mani. Al NARA (National Archives and Record Administration) individua l’intero record della Marina tedesca dal 1850 al 1945 copiato su ben 4317 microfilm. Tra quanto ha scritto nel suo tomo del 2002 e quanto trova in archivio Messimer riesce a fornire una sorta di risposta documentata.
Ci sono quattro interviste al comandate tedesco. In una di queste il comandante riferisce di aver ordinato una “rapida” ma che nel medesimo momento l’acqua fluì dalla torretta. Inondando il comparto batterie, i locali si riempirono del letale gas di cloro e gli uomini salgono rapidamente in coperta. Ordina di pompare aria per alleggerire la zavorra ed il sommergibile sembra risalire.
Giulio Göttschammer, marinaio anziano addetto alle macchine, nella sua testimonianza afferma: abbiamo aperto la porta stagna nella sala di controllo e siamo riusciti ad arrivare alla torretta benchè l’acqua fluisse nella sala controllo.
E’ proprio questo componente dell’equipaggio a svelare l’errore fatale che addossa al comandate. Non lo ammette ma ribadisce che …il comandate aveva chiesto di installare una stufetta elettrica nel compartimento ufficiali (posto nella sala controllo). Il comandante insistette – riferisce – che il cavo (non previsto nelle dotazioni di bordo) avrebbe dovuto essere collegato ad una presa nella torretta.
Göttschammer dà la responsibilità al comandate ma in effetti è lui che ha fatto passare un cavo attraverso il portello che non si sarebbe mai potuto chiudere in modo ermetico.
La testimonianza racconta anche qualcos’altro e fa comprendere la successione dei fatti. Il sommergibile, in superficie, è attaccato dall’unità inglese, si immerge, il portello non è perfettamente chiuso, l’acqua entra, il comandate ordina aria nei cassoni. Il sommergibile ritorna a galla, l’equipaggio risale in coperta e si mette in salvo sui battellini.
Kreck, che voleva stare al caldo, e il suo navigatore sono gli ultimi a lasciare il sommergibile dopo che quest’ultimo ha aperto le valvole facendo affondare il mezzo.
Non si ha notizia della reazione del comando sommergibili tedesco alla notizia, che forse non giunse mai in Germania.
Non si ha idea se la farsa del mostro marino sia stata accettata e non si comprende come mai gli inglesi non abbiano usato questa bufala per ridicolizzare il nemico ma che al contrario misero il segreto militare di cui ancora oggi non se comprende il motivo. Il capitano Kreck morì in un ospedale britannico e non si sa se si compiacque di aver creato lui stesso una leggenda.
Interessante sarà vedere attraverso l’occhio del ROV quel cavo che attraversa il portello ancora socchiuso. Così ci sarà la conferma di quel banale quanto stupido errore.

L’U-Boat 85 faceva parte della classe UB III
Uno 96 sommergibili costieri varati tra il 1916 ed il ’19, sette dei quali terminati dopo l’armistizio dell’11 novembre 1918.
Aveva come gli altri un equipaggio di 34 uomini (i record inglesi dicono 37), una stazza lorda di 730 tonnellate, lunghezza f.t. di 55,85 m, pescaggio 8,25 m, motorizzato da un diesel Daimler da 1.050 hp e da 2 motori elettrici BBC, due eliche, in superficie sviluppava un velocità di 13.4 nodi, in immersione 7,5 nodi, poteva scendere ad un massimo di 75 metri, lanciare 4 siluri (3 di prua, 2 di poppa), in coperta un cannone da 105 mm. Dal 10 febbraio al 30 aprile 1918 fece parte del Va Flottilla sempre al comando del capitano Gunther Krech, che non riportò alcun successo, e che morirà in un ospedale britannico il 5 marzo 1919. L’attacco all’U-boat fu portato pattugliatore Coreopsis II nel Mar d’Irlanda il 30 aprile 1918 e visto affondare nelle coordinate 54°47′N 5°23′W. Dove esattamente si trova tutt’ora.