Ho vissuto nel famigerato Triangolo delle Bermuda. Ci ho abitato, navigato, immerso, volato. Non è mai accaduto nulla, mai sentito di sparizioni di esseri umani, navi o aerei. Allora esiste questo triangolo traditore? Oppure è pura fiction? A cicli regolari c’è sempre qualcuno che prova a darne una spiegazione più o meno plausibile, più o meno complicata. Di concreto nulla, il Triangolo rimane lì immobile attirando a sè attenzione, sparando fuori leggende, tesi, racconti e ripetendo la storia.
Inventore del Bermuda Triangle il giornalista Vincent Gaddis che titolò così un suo articolo nel 1964 (The Deadly Bermuda Triangle – Argosy Magazine- febbraio 1964) in cui descriveva la sparizione di un velivolo turistico con a bordo tre passeggeri che aveva in precedenza inviato il messaggio tutto bene. L’anno dopo pubblicò il libro Invisible Horizons in cui approfondiva l’argomento trattato nell’articolo. Prima di Gaddis, Edward Van Winkle Jones, nel 1950, descriveva le strane sparizioni in un articolo per l’Associated Press. Due anni dopo George X. Sand sulla rivista Fate scriveva di strane sparizioni con il titolo Sea Mystery at Our Back Door (vedi disegno allegato).
Negli anni seguenti furono pubblicate altre opere sul presunto mistero: John Wallace Spencer (Limbo of the Lost, 1969, rist. 1973);  Charles Berlitz (Bermuda, il Triangolo maledetto, 1974); Richard Winer (The Devil’s Triangle, 1974), e molte altre, tutte per lo più facenti leva su presunti fenomeni soprannaturali. Il libro rimasto più famoso è quello di Berlitz.
C’è da perdersi a seguire le teorie di tutti questi autori i quali cercano a fasi alterne di procacciarsi notorietà mettendo in risalto gli errori e le panzane del collega che lo ha preceduto. Dov’è il Triangolo? Copre un’area dell’Atlantico settentrionale, i vertici sono sulla costa meridionale delle Bermuda, a sud il punto più occidentale dell’isola di Portorico, a ovest il punto più meridionale della penisola della Florida. Area altamente traffica da aerei e navi di ogni genere e nazione abitata da centinaia di migliaia di persone in ciascun vertice. L’ultima poco convincente sparizione è del mercantile El Faro nel 2015. Il cargo in effetti incappò nell’uragano Joaquin e naufragò in un mare con onde altre 12 metri e con un vento che sfiorava i 150 orari.
Complessivamente, per quanto ne sappiamo, 75 aerei e decine di navi hanno incontrato la loro fine nel Triangolo delle Bermuda. La cronologia riporta ovviamente le più eclatanti scomparse come la Squadriglia 19 (5 aerei dell’Aviazione militare Usa) dissoltasi il 5 dicembre 1945 a 363 chilometri dalla base; l’Avro Tudor con 31 persone a bordo sparito il 29 gennaio 1948 a 611 chilometri dalle Bermuda; il DC3 in volo da Portorico a Miami scomparso il 28 dicembre 1948. Tra le navi la USS Cyclops in rotta da Barbados a Norfolk (marzo 1918); la USS Grampus sparita nel 1843. Circa la Mary Celeste, descritta da sempre come la “nave abbandonata” individuata nell’area delle Bermuda nel 1872, c’è una contestazione. Il fatto sarebbe accaduto davanti alle coste portoghesi ma una nave con nome simile fu recuperata in quell’anno nel 1864.
Le possibili cause delle sparizioni, proposte nel tempo, vanno dal paranormale alle interferenze elettromagnetiche che causano problemi alla bussola, maltempo, l’insidiosa Corrente del Golfo e grandi campi sottomarini di metano che renderebbero l’acqua meno densa. Il Triangolo delle Bermuda è nel tempo diventato sinonimo di mistero dove le navi cadono in enormi buche d’acqua, gli aerei vengono abbattuti da esseri alieni, acque in cui vivono mostri enormi.

Ma forse la realtà è un po’ diversa e più semplice. La nuova teoria proposta dai meteorologi afferma che il motivo principale, causa delle sparizioni nel Triangolo, siano insolite nuvole di forma esagonale che formano bombe di aria compressa capaci di scatenare venti ad oltre 170 miglia orarie. Sacche d’aria che si scatenano improvvisamente facendo diventare il mare un inferno e rendendo impossibile la conduzione di un velivolo. Con le immagini di un satellite della NASA, gli scienziati hanno potuto constatare che queste formazioni nuvolose hanno forma esagonale con bordi diritti e diametro compreso fra i 30 e cento chilometri.

Potrebbero generare onde di oltre 12 metri. Il dottor Steve Miller che segue la ricerca presso il Colorado State University ha fatto notare che di solito le formazioni nuvolose anche di alta quota seguono un andamento irregolare e casuale nella loro distribuzione e soprattutto non hanno una forma geometrica precisa. Le immagini rilevate dai satelliti meteorologici sono davvero bizzarre. I ricercatori sono convinti che tipi di forme esagonali sull’oceano siano essenzialmente bombe ad aria. Sono formate da quelle che vengono chiamate microbursts, esplosioni d’aria che scendono dalla base di una nuvola e colpiscono la superficie dell’oceano creando onde che a volte possono essere di dimensioni enormi specie quando iniziano a interagire l’una con l’altra. Sono necessarie ulteriori osservazioni per confermare questa teoria che potrebbe finalmente spiegare le moltissime scomparse che avvengono, e sono avvenute, nel Triangolo delle Bermuda. Ma c’è un interrogativo che preoccupa gli scienziati. Simili formazioni nuvolose sono state viste anche su altre estese aree oceaniche, luoghi, anche questi, dove la navigazione ha reclamato le sue vittime.