La Società Italiana di Medicina Ambientale- SIMA – si sta battendo in Italia per diffondere la cultura scientifica del non uso di plastiche monouso in quanto queste, spesso disperse nell’ambiente e qui, sottoposte a processi di sbriciolamento e sfaldamento (per effetti atmosferici, sole, rotolamento, ecc) diventano microplastiche che spesso arrivano ai nostri corsi d’acqua e da questi al mare, se non gettate direttamente in fiumi, laghi e mare dall’incuria dell’uomo o da azioni criminali (discariche abusive, sversamenti illegali di aziende, ecc).

I materiali plastici dispersi in natura sono anche un carrier per molte sostanze tossico-nocive che formano sulle superfici della plastica un microfilm, rendendole “appetitose” per animali acquatici e pesci. E’ così che al culmine della catena alimentare, l’uomo inconsapevolmente se ne ciba (un recente studio austriaco ha dimostrato la presenza di plastiche nelle feci umane) con tutto che di negativo e di pericoloso per la salute che ne consegue.

SIMA vuole sottolineare come ogni nostro gesto, anche quelli che abitualmente facciamo nelle nostre case (corretta raccolta differenziata, educazione ambientale, ecc) può avere ripercussioni anche su ecosistemi lontani da noi migliaia di km.

In quest’ottica ha voluto aderire al Manta Festival 2018 (#BaaMantaFest – https://www.facebook.com/BaaMantaFest/), promosso dalla Fondazione Manta Trust, che il 24 Novembre vedrà alle Maldive, Atollo di Baa, una serie di eventi per sensibilizzare la popolazione locale, turisti e soprattutto i bambini sulla plastic pollution degli oceani e sugli effetti deleteri che questa ha sulle barriere coralline e sulla sopravvivenza di mammiferi e pesci filtratori come balene e mante, oltre che su delfini e moltissime specie di uccelli marini.

Il Project Leader del Manta Trust Maldive è la Dott.ssa Flossy Barraud, ecologista e biologa marina, che con il supporto di un valido team, tra cui anche l’italiana Margherita Cimenti, si adopererà per sensibilizzare la popolazione maldiviana su questa emergenza, mentre in Italia SIMA, in collaborazione con ISBEM – Istituto Scientifico Biomedico Euro Mediterraneo, organizzerà in molte scuole primarie la proiezione del docu-film “Il bacio azzurro” e la distribuzione di materiale sull’uso consapevole dell’acqua di casa e sulle buone pratiche per evitare o ridurre l’inquinamento da plastica.

150 milioni di tonnellate di plastica: è questa la preoccupante quantità che si stima attualmente in mare, e purtroppo, è destinata ad aumentare, con un ritmo di ben 8 milioni di tonnellate all’anno (1 tonnellata di plastica ogni 5 di pesce). Se nulla dovesse cambiare entro il 2050 si arriverebbe ad avere più plastica che pesci nell’oceano. Intere distese marine violate da materiale altamente inquinante, che intrappola, ferisce e porta alla morte troppe creature che in mare dovrebbero vivere. E si tratta di un fenomeno talmente dilagante che è visibile anche ad occhio nudo.

Sono 700 le specie animali vittime dell’inquinamento da plastica. Scambiata per cibo, ne provoca la morte per indigestione o soffocamento. Le specie più a rischio sono gli animali filtratori che si cibano di plancton (Balene, Mante) ma anche molte specie di uccelli acquatici e di mammiferi marini come i delfini.
In mare troviamo principalmente 3 tipologie di plastica:
-Plastiche di grandi e medie dimensioni (bottiglie, tappi, reti, ecc);
-Microplastiche che derivano dallo sbriciolamento delle plastiche più grandi o che sono contenute in cosmetici, dentifrici, scrub, ecc;
-Nano plastiche (fibre di tessuti, additivi di farmaci, ecc).
Negli ultimi cinquant’anni del secolo scorso abbiamo ventuplicato i nostri consumi di plastica, passando da 15 milioni di tonnellate prodotte nel 1964 a 311 milioni nel 2014.

Le grandi multinazionali continuano a produrre e vendere sempre più plastica usa-e-getta, ma il 90% non è mai stato riciclato. Ogni minuto, l’equivalente di un camion pieno di plastica finisce nei mari e negli oceani. Basta entrare in un supermercato o in un negozio per rendersi conto di quanta plastica inutile viene utilizzata per confezionare alimenti, bevande, prodotti per l’igiene domestica e personale. Ne abbiamo davvero bisogno? Una indagine di Greenpeace Italia in sette spiagge italiane ha evidenziato come circa l’80 percento della plastica trovata è riconducibile a marchi come Ferrero, Nestlé, Haribo, Unilever, Coca Cola, San Benedetto. Da sole, le aziende di beverage in tutto il mondo producono ogni anno oltre 500 milioni di bottiglie di plastica usa-e-getta.

Di 78 milioni di tonnellate di sacchetti di plastica fabbricati ogni anno, solo il 14 % viene riciclato. Cifre troppo basse per di più se confrontate con altre filiere quali l’acciaio o il vetro che riciclano il 70 % dei materiali. Che ne facciamo del resto? Il 14% viene incenerito, il 40% sepolto, il 32% gettato nella natura.

Molto dipende anche da tutti noi, non è difficile ridurre il nostro consumo di plastica. SlowFood ci da qualche suggerimento:

Scegliete i mercati rionali, evitate i prodotti eccessivamente imballati e portate con voi le vostre borse di stoffa ogni volta che è possibile
Portatevi dietro un termos, una bottiglia riutilizzabile
Portatevi la vostra tazza infrangibile
Non usate le cannucce di plastica se non strettamente necessario
Dite addio a piatti, posate e bicchieri di plastica usa e getta. Anche il gusto ne guadagnerà
Cucinate il più possibile e non esagerate con il cibo da asporto
Scegliete negozi che promuovono ingredienti sfusi e pochi imballaggi
Ogni volta che vi imbattete in un recipiente, imballaggio di plastica chiedetevi se davvero ne abbiate bisogno o se ci sia un’alterativa.
(da simaonlus/ mantatrust maldive / Manta Festival Atollo di Baa, Maldive 2018)