Le foto di Ulrich, al secolo Neidert, fotografo tedesco che oramai da diversi anni collabora con Aquadiving Tours e il Siladen Resort & Spa, mi ricordano un piccolo mondo antico, di tanto tempo fa, quando non si osava scendere oltre una soglia dettata, più che dalla prudenza, dalla vita che si muoveva davanti al vetro della maschera. Sicuramente più sotto c’era di meglio, ma in questo strato marino c’era già molto.


Mi ha rammentato questo che chiamo, volutamente, “strato” perché ogni dieci metri lo spessore dello strato aumenta come quelli di una torta. Oggi si va fino in fondo alla torta, sempre più giù, convinti di poter vedere nuovi panorami, nuovi mondi, nuove cose, dimenticando che il bello, e perché no il buono, sta sopra perché il mare è vivo a strati, a fasce, a livelli. Se ci si prende la briga di osservare le fotografie che vogliono stupirci si scopre che quasi tutte sono scattate a profondità dove la luce solare è minima e dove la sorgente artificiale fa molta fatica a bucare.
Con la conseguenza che impauriscono. La tendenza attuale è di dare “fondo”, di credere che quel che c’è a fondo sia migliore di quello che si trova nello strato superficiale. Tra decine e decine di sub che si immergono per il piacere di farlo, quanti sono quelli che si spingono negli strati più bassi armati di sistemi di respirazione che richiedono una preparazione spesso simile ad un astronauta?
Pochi, direi, i soliti delle grandi profondità o anche coloro che desiderano scoprire cose o che vanno per esigenze particolari. La stragrande maggioranza si sofferma entro il primo strato, o forse il secondo, quello che le regole tradizionali dell’immersione hanno inculcato per la propria sicurezza.
Il mare è colore, movimento, vita. Di sicuro, laggiù, negli strati profondi c’è vita, lo confermano quotidianamente le scoperte scientifiche che hanno dimostrato come i capodogli diano la caccia a migliaia di metri di profondità a calamari giganti, o che alghe bioluminescenti vivano abbarbicate al fondale nel buio più assoluto. Noi poveri sub ci meravigliamo di tanto, ne prendiamo atto stupiti, ma ci accontentiamo – si fa per dire – dell’incontro molto più semplice magari con un piccolo esserino che vive di soppiatto tra i resti di qualche madrepora.
E’ lo strato più comunemente vissuto, quello più trafficato, da un certo punto di vista più popolato, dove la vita non è semplice per chi lo abita, dove forse con un po’ di pazienza si possono scoprire attività sorprendenti avendo la curiosità di farlo.
E’ il piccolo mondo antico, quello che scoprimmo la prima volta che indossammo maschera e bombola, quello che andrebbe rivisitato senza dare nulla di scontato. Perché qui non c’è niente di scontato, anzi al contrario, è possibile che tutto cambi con una marea, con le ore del giorno, con l’improvviso arrivo di un animale che non risiede qui e che getta scompiglio, paura, sgomento.
E’ la parte superficiale del mare, o di un oceano se si vuole, quello che adesso è più interessato dal menefreghismo umano, quello che forse subirà anche repentini cambiamenti, come ci spiegano. Mettendo a parte questi sentimentalismi, rimane pur sempre lo strato che offre un’interessante panorama di vita marina, se si vuole piccola, ma complessa, in cui si possono osservare scontri, amicizie, furberie, vantaggi e svantaggi.
C’è una foto di Ulrich che racconta nella sua essenza questo che insisto nel chiamare piccolo mondo antico. E’ una sfera, una semplice scatto eseguito con un obiettivo ad occhio di pesce lungo la scogliera madreporica che cinge la piccola isola di Siladen parte delle più estese Sulawesi. Il fotografo ha voluto precisare dove è andato a scorrazzare – e curiosare – con la sua fotocamera. Proprio lì dove la terra emersa si lascia cadere nel mare e scivola nel primo strato oceanico. Le foto scattate fanno comprendere come abbia sostato a lungo prima di premere lo scatto, come abbia osservato quei piccoli esserini aggirarsi intimiditi dalla sua grande presenza. Ne sentivano la presenza dal movimento dell’acqua, dall’ombra, dal pulsare del cuore e chissà da quale altre manifestazioni.
Ulrich ha osservato, atteso, poi click ha premuto. Fregandosene della specie biologica, facendo solo attenzione al colore, alle forme, allo stupore da parte loro di essere scoperti. Probabile che lui come noi non conosca la specie di animale ritratto. Noi no, di sicuro. La biologia marina è materia complessa, ci accontentiamo di osservare le forme curiose, i colori accesi, i disegni, le livree e sapere che c’è un motivo a tutto questo. Saremo anche banali. Ma è così.