Piccolo antozoo coloniale, appartenente all’ordine degli Exacoralli Madreporari o Sclerattinie, famiglia delle Pocilloporidae; endemico nel Mar Rosso, nell’Oceano Indiano e nell’Oceano Pacifico. I singoli individui, di una grandezza oscillante da 0,5 ad 1,5 millimetri, hanno sei setti primari fusi con la columella, e, a volte, sei corti setti secondari. Il cenosarco è coperto da sottili spicole solide. La colonia, formata in genere da moltissimi piccoli polipi disposti irregolarmente, è dotata di uno scheletro calcareo, dalla tipica forma ad albero con ramificazioni simili a dita, le formazioni “a dito” sono molto solide, a volte svasate all’estremità, a forma di clava, piatte o leggermente arcuate, dai bordi arrotondati; lo scheletro calcareo è completamente ricoperto dal cenosarco su cui si aprono le aperture orali dei singoli individui, ben distinte le une dalle altre, circondate da una corolla di sei piccoli tentacoli urticanti estroflessi in condizione di scarsa illuminazione.

Lo sbiancamento dei coralli è una piaga che ha colpito più parte dei complessi madreporici del mondo. Il cosiddetto corallo muore, gli animali che lo compongono muoiono e rimane solo un involucro duro che pian piano si sgretola. I ricercatori della EPEL e UNIL svizzera con i colleghi dell’Università di Bar Ilan delle scienze marine di Israele hanno condotto un esperimento su un tipo di corallo, la Stylophora pistillata, della durata di sei settimane sottoponendo gli esemplari ad acidità e temperatura elevata dell’acqua. Le cause che sembrano produrre la morte del corallo. Hanno scoperto con grande sorpresa che i coralli non si candeggiano ma sembrano trovare un adattamento alla situazione ambientale in cui si trovano. Potrebbero essere i super coralli del futuro in grado di resistere ai cambiamenti climatici del Golfo di Aqaba e dell’intera regione.
Ovvio che le madrepore del mar Rosso sono esposte ad altri stress ambientali ma questo è un piccolo passo per capire le cause vere che portano allo sbiancamento. Per ora sembra che l’acidità dell’acqua e i forti cambiamenti di temperatura non siano così gravi tanto che l’esperimento ha dimostrato come queste colonie coralline si siano adattate.
I biologi australiani hanno condotto un simile esperimento nelle acque della Nuova Zelanda anch’essi con il proposito di individuare la soluzione alle cause di questo disastro ambientale. Cercando di individuare almeno una specie che sia in grado di ripristinarsi e ripopolare l’ambiente marino.